Lunedì, 15 Febbraio 2021 09:00

Recovery Plan: la Sicilia bussa al governo: ascoltare la voce dei territori

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Recovery Plan la Sicilia bussa al governo «Ascoltare la voce dei territori» L'iniziativa. Primo tavolo del movimento ÈcoSì. «Chiarezza su progetti e fondi» PINELLA LEOCATA Recovery Plan, Sud ed Europa": ÈcoSì (Ecologia comunità occupazione in Sicilia), il neonato movimento che si prefigge di costruire un'iniziativa politica volta a far sì che il Sud e la Sicilia tornino protagonisti del dibattito nazionale, europeo e internazionale, riparte da qui, dal primo tavolo di confronto svoltosi on line nei giorni scorsi. Il progetto è ambizioso e si specchia con il dossier sul tavolo del nuovo governo: un nuovo protagonismo dei siciliani e dei meridionali, nell'ottica di una cittadinanza europea che - come hanno sottolineato il prof. Maurizio Caserta e il dott. Giovanni Ruvolo, animatori di ÈcoSì e dell'iniziativa - abbia come stella polare la grande trasformazione che si prefigge il Next Generation Eu sul fronte del digitale, dell'ecologia e dell'inclusione sociale declinati in modo da garantire la riduzione delle differenze di genere, generazionali e territoriali. Un movimento nato dal basso, come tanti altri in Europa in questo periodo, segno - ha rilevato il direttore de "La Sicilia" Antonello Piraneo - del «vulnus nella rappresentanza dei cittadini nei parlamenti italiano ed europeo e del rischio dei territori di essere esclusi, per quanto riguarda il Recovery Plan, non solo dal momento decisionale, ma anche da quello propositivo». Di qui l'importanza dei mezzi di informazione nel dar voce ai territori. E l'importanza di un grande piano di investimenti che non si può improvvisare e che deve coinvolgere la pubblica amministrazione e soprattutto i giovani imprenditori e amministratori del Sud, un territorio impoverito dalla fuga dei cervelli e dal crollo demografico, come denuncia il prof. Giuseppe Notarstefano. Ne consegue la proposta di creare luoghi, anche fisici, di incubazione delle idee imprenditoriali dei giovani affinché le realtà innovative del territorio facciano sinergia. E questo, come ha suggerito la dott. Miryam Ognibene, significa anche dare centralità alle donne, che sono le principali educatrici a casa e a scuola, e alla loro capacità di contaminare e di mettere insieme diverse realtà ed energie diffondendo le buone pratiche dei territori, valorizzando così il meglio delle attività imprenditoriali e delle pubbliche amministrazioni. E significa anche non rimanere schiacciati sul presente, ma assumere - come chiede il prof. Emiliano Abramo - una responsabilità intergenerazionale che si ponga il problema dei migranti, delle politiche del lavoro, degli appartamenti sfitti, del riuso degli immobili dismessi. Un nuovo protagonismo meridionale presuppone anche la capacità di valorizzare la creatività del Sud e dei tanti giovani che, in occasione della pandemia, sono ritornati nella loro regione e - come sostiene il notaio/architetto Andrea Bartoli - anche una nuova consapevolezza da parte dei cittadini della necessità di investire i propri soldi e risparmi, e sono tanti, in progetti di sviluppo per la propria terra indirizzando a questo fine i propri capitali anziché lasciarli alle banche che non hanno alcun interesse per i nostri territori. Un cambio di mentalità che richiede anche la creazione di riferimenti credibili per le istituzioni europee. Progetti ambizioni che - come sostiene il dott. Emanuele Villa - richiedono la costruzione di un rapporto paritetico e non più subalterno tra cittadini e istituzioni e l'attivazione di un monitoraggio civico dal basso che controlli il rispetto delle priorità indicate nel Recovery Plan. E dunque un movimento di cittadinanza attiva che verifichi, controlli e raccolga idee e proposte. Questo significa cambiare anche la narrazione, spesso deformata, che si fa della Sicilia, la demistificazione di tanti luoghi comuni, e la scelta del modello di Sicilia che vogliamo proporre all'Europa. La nostra terra - suggerisce il dott. Salvo Fleres - dovrebbe essere la piattaforma logistica, produttiva e culturale del Mediterraneo, con i suoi porti, le sue ricchezze naturali e le sue università che dovrebbero diventare punto di riferimento di tutto il bacino del Mediterraneo, a partire dall'Africa. E questo - segnala il dott. Antonio Piraino - impone la modifica delle proposte finora fatte per il Recovery Plan, proposte che hanno penalizzato la Sicilia che, tra l'altro, è stata esclusa dall'alta velocità e dalla valorizzazione dei suoi porti. Così come si è sottovalutato che l'attuale pandemia è figlia dei cambiamenti climatici, dunque dell'irrazionalità dei processi di concentrazione produttiva, finanziaria e demografica a scapito dello sviluppo e dell'economia circolare di cui la Sicilia potrebbe diventare modello - per il modo in cui si è concretizzato lo sviluppo nel suo territorio - nella prospettiva di una ristrutturazione radicale dell'economia. Di qui la proposta di presentare al governo un documento con poche, discriminanti, iniziative concrete e prioritarie corredato dalla richiesta che sia indicata la quota di ogni misura per il Meridione, perché sia chiara la distribuzione territoriale degli investimenti. • *** LA LETTERA Diritti, doveri e clientelismo Raccolgo l'invito a "dibattere se vorrete" lanciato da Antonello Piraneo nell'editoriale di domenica. Per la verità, rispetto all'analisi accoratamente asettica del direttore, vi è poco da dibattere e molto da concordare e su cui convenire. Ritengo quindi di aggiungere una sola considerazione: la lamentazione di quanti hanno letto nell'assenza di siciliani fra i membri del governo uno sgarbo politico e un danno temuto per la prevista mancata tutela degli interessi della nostra terra, non può essere letta ottimisticamente come campanilismo o provincialismo. Essa è la manifestazione freudiana di una visione del ruolo della politica, di cui dovremmo solo vergognarci. Si chiama clientelismo .È il "lascito" di secoli di sottomissione che ci hanno fatto vedere i nostri diritti come favori da chiedere al potente di turno; e chi più potente di chi sta al governo? Ci vorrà molto tempo perché questa mentalità possa cambiare, e non dipenderà solo da noi, ma anche da chi i nostri diritti deve farceli godere, avendo presente che ai nostri diritti corrispondono i suoi doveri. 

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