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Lunedì, 26 Aprile 2021 08:41

RIAPERTURE AL VIA SENZA IL CAFFÈ AL BANCO

Da oggi riavvio progressivo delle attività economiche nelle zone gialle. Il Ministero dell'Interno conferma che non è possibile consumare al banco dei bar, Fipe chiede l'intervento del Mise. Le Associazioni del commercio chiedono un incontro urgente al Governo.

Torna la zona gialla in quasi tutta Italia, ma non per i bar. Nel senso che rispetto alla zona gialla “classica” stavolta non è possibile consumare al banco, come conferma una circolare emessa il 24 aprile dal Ministero dell'Interno (qui il link in pdf). Il provvedimento ha immediatamente suscitato la reazione di Fipe-Confcommercio, per la quale il provvedimento “non dà certo la risposta che chiedono e meritano le decine di migliaia di bar e locali che si vedono messi ulteriormente in difficoltà proprio nel momento in cui si parla di riaperture", visto che “introduce una limitazione ulteriore che non esiste nel Dpcm del 2 marzo, al quale l'ultimo decreto fa riferimento, introducendo una penalizzante restrizione e ulteriore caos interpretativo. Il consumo al banco, regolato dai protocolli su distanziamento e capienza degli esercizi, permette in molti casi di snellire il servizio evitando assembramenti all'esterno ed è l'unica modalità di lavoro per numerosissime attività che non dispongono di spazi esterni".

C’è in più la questione non certo secondaria della sopravvivenza delle imprese: “per i bar al 26 aprile – dice il presidente Lino Enrico Stoppani - le misure restrittive sono addirittura peggiori di quelle che per mesi hanno adottato in zona gialla, perfino quando di vaccini non c'era traccia. Oggi, con oltre 17 milioni di somministrazioni vaccinali e 4 milioni di persone guarite dal Covid, si impedisce di effettuare il consumo al banco e lo si fa con un'interpretazione ministeriale. È una mancanza di rispetto e un danno secco verso 130mila imprese che hanno già pagato un prezzo altissimo per le misure di contenimento della pandemia, senza alcun beneficio evidente sul piano sanitario. Per questo chiediamo al più presto un intervento del Mise".

Ogni due settimane un "check" sul provvedimento
Le proteste delle Regioni non hanno sortito effetto, almeno per ora. Per il decreto sulle riaperture c'è stata infatti la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Le Regioni erano tornate a chiedere di portare il coprifuoco alle 23 e di permettere di lavorare ai pubblici esercizi anche nei locali interni, ma respingendole l'Esecutivo ha precisato che sul provvedimento verrà fatto un check ogni due settimane a tutte le misure. Il primo sarà a metà maggio. A confermarlo lo stesso stesso ministro per le Autonomie, Mariastella Gelmini: "il coprifuoco non durerà fino al 31 luglio. È lo stesso decreto a dirlo, precisando che il Consiglio dei ministri potrà intervenire nelle prossime settimane, modificando periodicamente nel dl sia le regole per le riaperture che gli orari del coprifuoco". Sul tavolo delle richieste delle Regioni c'erano anche le riaperture del settore del wedding e delle piscine al chiuso, oltre alla ripresa degli allenamenti individuali nelle palestre già dal 26 aprile. Di rilevante c'è il fatto che è "saltata" la riapertura dei centri commerciali nei fine settimana contrariamente a quanto previsto dalle bozze, che indicavano la possibilità di aprire i centri commerciali, i parchi commerciali e le strutture analoghe nei fine settimana a partire dal 15 maggio.


Centri commerciali: le Associazioni del commercio chiedono un incontro urgente al Governo

“Stupore ed estrema preoccupazione”. È la reazione delle Associazioni del commercio (Ancc-Coop, Ancd-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Cncc–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, Federdistribuzione) alla cancellazione nel testo definitivo del decreto del comma 1 dell’articolo 8, pur presente nella bozza, che disponeva la riapertura anche nel fine settimana dei centri commerciali nelle “zone gialle”. Restano dunque invariate le misure restrittive eccezionali per queste strutture, senza indicazioni su una possibile riapertura. Le Associazioni chiedono dunque un incontro urgente al premier Mario Draghi per conoscere i motivi della scelta, sottolineando che “la decisione, del tutto inattesa, va a gravare ulteriormente su un settore fortemente compromesso da chiusure straordinarie che si protraggono da oltre un anno”.

“In un contesto fortemente in evoluzione, in cui a partire dalle prossime settimane si assisterà alla riapertura di numerose attività - spiegano - è assolutamente necessario fornire risposte chiare ai 600mila lavoratori dei centri commerciali e fare chiarezza sui criteri utilizzati dal Governo e dagli organismi di supporto come il CTS per valutare una volta per tutte il grado di rischio connesso all’apertura delle strutture di grandi dimensioni in presenza di opportuni protocolli condivisi”.

Le Associazioni del commercio sottolineano infine che “è del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi” e che “sin dall’inizio dell’emergenza, centri, parchi e gallerie commerciali hanno adottato misure di sicurezza ancor più stringenti rispetto a quanto richiesto a livello governativo e dalle singole Regioni, ribadendo in più occasioni la totale disponibilità a rafforzarle qualora necessario, assicurando tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio, con nessun caso di focolaio registrato nelle 1.200 strutture presenti nel Paese”.

Il contenuto del decreto
Il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22, valida fino al 31 luglio. Da lunedì 26, dunque, si è cominciato a riaprire, tra i primi i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all'aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l'attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale. Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l'autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l'esecuzione di un tampone negativo o l'avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.


Fipe si schiera con le Regioni: “prioritario riaprire i locali al chiuso”

 


Posticipare il coprifuoco alle ore 23, programmare l’immediata ripresa delle attività di wedding, indispensabili per il settore del banqueting fermo da oltre un anno, ma soprattutto consentire la somministrazione anche nei pubblici esercizi che non dispongono di spazi all’aperto. Le proposte della Conferenza delle Regioni sono pienamente condivise da Fipe-Confcommercio, per la quale “dopo un anno di restrizioni è necessario un supplemento di coraggio. I protocolli di sicurezza che consentono di far lavorare anche i locali che non hanno la possibilità di allestire spazi all’aperto ci sono ed è doveroso metterli in atto. Non si può discriminare ulteriormente metà dei bar e dei ristoranti del Paese, imponendo regole diverse per imprese dello stesso settore. Certo, anche posticipare il coprifuoco di un’ora, consentendo ai locali di fare il doppio turno la sera è importante, non tanto per ragioni di cassa ma per favorire attraverso l’allungamento dell’orario una distribuzione più ordinata e sicura dei clienti. Per noi dunque la priorità è rimettere in moto anche gli esercizi senza dehor e il mondo del banqueting bloccato da quattordici mesi. L’avanzare della campagna vaccinale e della bella stagione devono essere la spinta per andare in questa direzione. Senza questi interventi l’apertura del 26 aprile rischia di trasformarsi in una falsa partenza che aumenta diseguaglianze e rabbia”.

Da parte sua il presidente Lino Enrico Stoppani ha definito una scelta "scientificamente e socialmente incomprensibile". Così il presidente di Fipe-Confcommercio, quella di mantenere il coprifuoco alle 22, “incoerente rispetto alle finalità che si propone, perché comprime gli orari e favorisce comportamenti disordinati e opposti”. Stoppani sottolinea poi che "alle condizioni del decreto legge sulle riaperture oltre la metà dei pubblici esercizi italiani non può di fatto farlo. Sono scelte che vanno spiegate e bene, perché appaiono punitive rispetto a quelle adottate in momenti più critici dal punto di vista sanitario. Siamo stati i primi a proporre gradualità e regole certe, che tuttavia devono avere un supporto di carattere scientifico. Pur applicando rigorosi protocolli di sicurezza e garantendo il solo servizio al tavolo, oggi si ritiene che il problema sia l'utilizzo degli spazi interni. Noi siamo esausti di pagare colpe non nostre, come la lentezza della campagna di vaccinazione e l'impossibilità di controllare il territorio punendo comportamenti scorretti. Se il 15 maggio il Governo ha preso l'impegno di vaccinare tutti gli over 70 di questo Paese, riteniamo giusto che prenda anche l'impegno a riaprire le attività all'interno a pranzo e a cena applicando i rigorosi protocolli già approvati".

 

Il commento di Federazione Moda Italia
"Abbiamo apprezzato la tempestività con cui il ministro Giorgetti ha dato seguito alla nostra proposta di permettere l'apertura dei punti vendita anche in zona rossa con la possibilità di entrare solo per appuntamento. Anche le numerose attività di moda nei centri commerciali si aspettavano un'inversione di tendenza sulle aperture nei weekend dal 15 maggio. Attendiamo fiduciosi l'accoglimento delle nostre proposte anche a seguito del check a tutte le misure che sarà effettuato ogni due settimane o in sede di conversione del decreto in legge". Così il presidente di Federazione Moda Italia, Renato Borghi.

 

Riapertura scuole, Conftrasporto propone ncc e taxi
“Per supportare un corretto nuovo avvio delle scuole superiori nelle grandi città è necessario usare i soldi pubblici per modalità di trasporto intelligente”. Così Paolo Uggè, presidente di Conftrasporto-Confcommercio, convinto della necessità di una maggiore sicurezza negli spostamenti all’interno delle aree metropolitane. “Invece di mandare nuovamente gli studenti nelle metropolitane e sui tram affollati, è necessario permettere, per quegli studenti che arrivano dalle aree limitrofe delle grandi città, di organizzare il trasporto in piccoli gruppi con taxi e NCC. Usiamo i soldi pubblici – suggerisce Uggè - affinché gli studenti, ma anche i docenti, viaggino con maggior sicurezza anche attraverso la suddivisione delle classi di insegnamento, quindi con differenti orari di ingresso a scuola durante la giornata, come si faceva una volta. Contemporaneamente, aiutiamo le categorie dei tassisti e degli ncc, che soffrono per mancanza di clienti. Lo Stato deve fare la sua parte”.

 

Sangalli: “anticipare le riaperture per le attività all'interno”


"Le aperture per le sole attività all'aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche”. Lo ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata "Legalità, ci piace!”. "Chiediamo - ha aggiunto Sangalli - due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all'interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza".

Fipe: “decreto un primo passo, ma serviva più coraggio”

"Avere una data per poter ripartire e poter lavorare la sera sono certamente segnali che vanno nella giusta direzione, ma ci aspettavamo maggiore coraggio". È il primo commento della Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, Fipe-Confcommercio, per la quale “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale". Fipe sottolinea infine che "sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L'obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo".

Sono 116mila i locali senza spazio esterno

Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all'esterno "significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi". Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all'aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. "Se questo è il momento del coraggio dice Fipe - che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini". Per la federazione la data del 26 aprile da sola "non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c'è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all'Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme".

 

Sib: “'stabilimenti pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio”

Gli stabilimenti balneari "sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l'apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L'importante è che l'Italia c'è, è pronta". Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l'accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché "non è che alziamo una saracinesca e apriamo - spiega Capacchione - alle volte c'è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare".

 

Federalberghi: “le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”
Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque "un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche".

 

Anche il gioco legale vuole ripartire, “noi dimenticati dal decreto”


Le quattro organizzazioni degli esercenti del gioco legale, tra cui Acadi-Associazione Concessionari dei Giochi Pubblici aderente a Confcommercio, esprimono "sconcerto e infinita preoccupazione per l'assenza di indicazioni sulle riaperture del gioco legale nella bozza del decreto Covid". "Il Governo, anche alla luce della drammatica situazione economica del Paese, ha deciso di riaprire nelle prossime settimane praticamente tutte le attività economiche, compresi cinema, teatri, palestre - affermano le organizzazioni – ma ancora una volta non troviamo alcun cenno sulla riapertura delle sale da gioco, chiuse da 300 giorni". La situazione economica delle aziende del settore, che non hanno goduto al momento di alcun ristoro, è drammatica: 12mila punti vendita chiusi, indotto completamente fermo, oltre 60mila lavoratori a rischio. "Siamo stupefatti che il settore del gioco rimanga praticamente l'unico escluso dalle previsioni di riapertura - concludono le associazioni di settore - nonostante l'impegno ad una riapertura in sicurezza e sostenibile. Confidiamo che nel testo definitivo il Governo possa indicare una data certa di riapertura, coerentemente con quanto è accaduto per tutti gli altri settori economici".

 

Sangalli: “annullare il Salone del Mobile sarebbe un gravissimo errore”
"In questa fase delicata della ripartenza è fondamentale evitare passi falsi. Mettere in discussione il Salone del Mobile è un gravissimo errore". Così il presidente di Confcommercio Milano, Carlo Sangalli, a proposito del possibile annullamento della sessantesima edizione della Fiera, che sarebbe in calendario nel settembre prossimo. "La campagna vaccinale che procede rapida e i protocolli di sicurezza – ha aggiunto Sangalli - permettono di guardare con ragionevole ottimismo all'appuntamento. Il Salone del Mobile è una delle manifestazioni più importanti di Milano, coinvolge migliaia di imprese e produce un indotto di oltre 200 milioni di euro. Dopo lo stop dello scorso anno, la ripartenza della manifestazione ha un forte valore anche simbolico. La nostra città e il Paese hanno assoluto bisogno di segnali di fiducia per rimettersi in cammino e recuperare al più presto il terreno perduto".

 

Confcommercio Sicilia lancia “A fuoco il coprifuoco”

Il nome è volutamente provocatorio, “A fuoco il coprifuoco”, ma l’iniziativa che Confcommercio Sicilia si accinge ad attuare di concerto con Fipe vuole in realtà gridare “basta” rispetto alla scelta di far chiudere i pubblici esercizi alle 22 in piena estate, favorendo comportamenti disordinati e opposti. “La nostra non è disobbedienza civile – sottolinea il presidente di Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti – ma vogliamo alzare la voce rispetto a un provvedimento inaccettabile, ancora di più in una terra come la nostra dove, in estate, con le elevate temperature, il periodo serale è quello scelto per cercare un poco di refrigerio, per ritemprarsi dalle fatiche giornaliere, per godere della brezza marina. E tutto ciò, naturalmente, va ad incrociarsi con le legittime aspettative degli operatori del settore che sfruttano questo periodo per accrescere i loro affari, un’attesa ancora più pressante dopo mesi e mesi di fermo. Avvieremo, a livello siciliano, una raccolta firme su Change.org che attiveremo tra i nostri associati e metteremo a disposizione della nostra confederazione a livello nazionale per esprimere tutto il dissenso verso questa decisione che continua a penalizzarci in maniera forte”.

Giovedì, 22 Aprile 2021 09:23

Decreto riaperture del 21 aprile 2021

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Il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento che da lunedì prossimo permette il riavvio progressivo delle attività economiche nelle zone dove la situazione sanitaria è più sotto controllo.

Il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22. Da lunedì 26, dunque, si comincia a riaprire e tra i primi ci saranno i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all'aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l'attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale. Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l'autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l'esecuzione di un tampone negativo o l'avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.

Sangalli: “anticipare le riaperture per le attività all'interno”


"Le aperture per le sole attività all'aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche”. Lo ha detto il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata "Legalità, ci piace!”. "Chiediamo - ha aggiunto Sangalli - due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all'interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza".

Fipe: “un primo passo, ma serviva più coraggio”

"Avere una data per poter ripartire e poter lavorare la sera sono certamente segnali che vanno nella giusta direzione, ma ci aspettavamo maggiore coraggio". È il primo commento della Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, Fipe-Confcommercio, per la quale “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale". Fipe sottolinea infine che "sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L'obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo".

Sono 116mila i locali senza spazio esterno

Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all'esterno "significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi". Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all'aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. "Se questo è il momento del coraggio dice Fipe - che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini". Per la federazione la data del 26 aprile da sola "non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c'è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all'Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme".

 

Sib: “'stabilimenti pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio”

Gli stabilimenti balneari "sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l'apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L'importante è che l'Italia c'è, è pronta". Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l'accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché "non è che alziamo una saracinesca e apriamo - spiega Capacchione - alle volte c'è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare".

 

Federalberghi: “le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”
Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque "un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche".

I centri commerciali chiedono di riaprire nel fine settimana
In vista della definizione del programma di riaperture Annc-Coop, Ancd-Conad, Confcommercio, Confimprese, Cncc-Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione chiedono al Governo di permettere a tutti i punti vendita di centri, parchi e gallerie commerciali di riprendere l’attività anche nei fine settimana, nel rispetto dei protocolli di sicurezza. Questi ultimi, fanno notare le Associazioni del commercio, “sono stringenti e offrono tutte le garanzie necessarie a tutelare al meglio consumatori, dipendenti e fornitori dal rischio di contagio”. La chiusura nel weekend, operativa da più di sei mesi (140 le giornate di chiusura, per la precisione) ha tagliato il giro d’affari del 40% rispetto al 2019 e il fatturato annuo di 56 miliardi di euro. Sono numeri che “mettono a repentaglio la tenuta delle aziende, con il rischio di forti ricadute occupazionali”.

Ad aggravare la situazione, dicono ancora le Associazioni, “va considerato che i ristori economici per le imprese sono stati quasi nulli e inadeguati a coprire le perdite già consolidate”. Sono dunque urgenti “un’iniezione di liquidità nel sistema per le imprese di tutte le dimensioni, che potrebbe passare anche da uno spostamento temporale delle scadenze fiscali e previdenziali, da un rafforzamento degli strumenti e una semplificazione delle procedure di accesso al credito agevolato, con tempi rapidi e certi, da una nuova misura sugli affitti, con la previsione del credito di imposta anche per il 2021”.

 

Anche il gioco legale vuole ripartire, “noi dimenticati dal decreto”


Le quattro organizzazioni degli esercenti del gioco legale, tra cui Acadi-Associazione Concessionari dei Giochi Pubblici aderente a Confcommercio, esprimono "sconcerto e infinita preoccupazione per l'assenza di indicazioni sulle riaperture del gioco legale nella bozza del decreto Covid". "Il Governo, anche alla luce della drammatica situazione economica del Paese, ha deciso di riaprire nelle prossime settimane praticamente tutte le attività economiche, compresi cinema, teatri, palestre - affermano le organizzazioni – ma ancora una volta non troviamo alcun cenno sulla riapertura delle sale da gioco, chiuse da 300 giorni". La situazione economica delle aziende del settore, che non hanno goduto al momento di alcun ristoro, è drammatica: 12mila punti vendita chiusi, indotto completamente fermo, oltre 60mila lavoratori a rischio. "Siamo stupefatti che il settore del gioco rimanga praticamente l'unico escluso dalle previsioni di riapertura - concludono le associazioni di settore - nonostante l'impegno ad una riapertura in sicurezza e sostenibile. Confidiamo che nel testo definitivo il Governo possa indicare una data certa di riapertura, coerentemente con quanto è accaduto per tutti gli altri settori economici".

La cabina di regia ha dato il via libera al riavvio progressivo delle attività economiche nelle zone dove la situazione sanitaria è più sotto controllo. Si parte con gli esercizi di ristorazione, stabilimenti balneari dal 15 maggio, palestre dal primo giugno. Fipe: "sono 116mila i locali senza spazio esterno, serve un protocollo”.

Lunedì, 19 Aprile 2021 08:45

Legalità ci piace!

Il 20 aprile appuntamento con la Giornata nazionale dedicata alla legalità in diretta streaming sul sito di Confcommercio dalle ore 11.00. Quest'anno sarà presentata un'analisi sull’usura al tempo del Covid e sugli effetti per le imprese. Interverranno il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli e il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Martedì 20 aprile si terrà l'ottava edizione della Giornata nazionale di Confcommercio “Legalità, ci piace!”, in diretta streaming sul sito di Confcommercio dalle ore 11.00. Come ogni anno, l'intento della confederazione è quello di promuovere e rafforzare la cultura della legalità come prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo. Questa volta, ovviamente, le analisi e le riflessioni non potranno non tener conto del fattore coronavirus che ha contribuito a far crescere in modo particolare fenomeni come quello dell'usura nei confronti delle imprese. E proprio sul tema dell'usura, nel corso dei lavori, che si apriranno alle ore 11.00, il Direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, presenterà un’analisi di Confcommercio.

Sono previsti gli interventi del Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli e del Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

 

 Migliaia le persone collegate da ogni parte d’Italia per offrire la propria testimonianza e chiedere una data certa per le riaperture.

Sulla Stampa il presidente di Confcommercio ribadisce che il passaggio dai ristori ai sostegni è stato un “bene, ma gli indennizzi devono tenere conto di ricavi in calo e costi fissi”. "Quando si spegne un'insegna viene meno un pezzo del futuro del Paese".

C’era anche Sangalli, presidente di Confcommercio, in una delle piazze di Roma dove i commercianti si erano ritrovati per protestare. A 84 anni ha voluto guidare imprenditori e esercenti.

Da due mesi c'è un nuovo governo. Che cosa è cambiato per voi?

«Siamo in attesa di un cambiamento sempre più necessario. Serve, infatti, il pieno decollo della campagna di vaccinazione, del passaporto vaccinale. Ma occorre anche avere la consapevolezza dell'insostenibilità economica e sociale del modello del "più chiusure". Chiediamo di riaprire, in sicurezza, certo. Ma con tutta l'urgenza che deriva dal sapere che quando si spegne un'insegna viene meno un pezzo del futuro del Paese».

In altre piazze ci sono stati scontri. Se la sente di escludere che ci fossero suoi iscritti tra i violenti?

«Noi siamo per il rispetto sempre e comunque della legalità. E lo abbiamo dimostrato in tutti questi mesi, in ogni angolo del Paese. Anche perché crediamo nel dialogo e nella proposta per sostenere concretamente gli imprenditori che sono allo stremo».

II governo ha fatto una scelta su che cosa aprire. Ha scelto le scuole. Che ne pensa?

«Riaprire le scuole è un segnale forte verso la normalità. Ed è anche andare incontro ai giovani, che insieme ai più anziani, sono quelli che hanno sofferto di più in quest'anno drammatico. Certo, era anche una occasione per far ripartire le attività commerciali, della ristorazione e della filiera turistica, che hanno investito per continuare a lavorare in sicurezza».

E sul versante degli aiuti economici?

«Il passaggio dai `ristori" ai "sostegni" registra l'archiviazione del sistema dei codici Ateco ed è un bene. Ma resta molto da fare per indennizzi che siano, al contempo, più adeguati e più inclusivi e che tengano conto sia delle cadute di fatturato che dei costi fissi. Per questo occorre procedere al più presto ad un nuovo e robusto scostamento di bilancio. Perché servono decisamente più risorse. per interventi per le locazioni commerciali alle moratorie fiscali e creditizie, dalle utenze alla Tari”.

 

Flavia Amabile

Dalla Stampa del 14 aprile 2021

Lunedì, 12 Aprile 2021 08:38

SETTIMANA CRUCIALE PER LE RIAPERTURE

Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità ad anticipare a fine mese qualche riapertura, a patto che nei prossimi giorni si confermi la tendenza al miglioramento della situazione epidemiologica. L'ipotesi privilegiata è il ritorno delle zone gialle.

La situazione epidemiologica migliora, anche se molto lentamente. E se la tendenza verrà confermata nei prossimi giorni il governo è pronto ad autorizzare qualche riapertura prima della data canonica del 30 aprile (la scadenza del decreto anticoronavirus attualmente in vigore, ndr). A fine mese, insomma, potrebbero essere di ritorno le zone gialle (Lazio, Veneto, Marche e Molise hanno già dati compatibili), con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Per ora, è bene specificarlo, nessuna decisione è stata presa né è stata convocata la cabina di regia per discutere le scelte da fare.

In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento è comunque chiaro: se si deciderà di riaprire, saranno fatte scelte "selettive e ponderate", come ha ribadito il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Tradotto in parole povere, la maggior parte delle attività che sono chiuse dovrà attendere comunque maggio. "Guai se pensassimo di essere fuori dal problema. Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici", ha ammonito Locatelli. Per il prossimo mese, come sostenuto dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, è poi ipotizzabile l'apertura dei ristoranti anche la sera: "torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a metà del mese anche a cena”, ha detto.

Draghi: "nessuna data certa per le riaperture"
Per le riaperture una data non c’è, dipenderà dall’andamento della campagna di vaccinazione. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier, Mario Draghi, lo ha detto chiaro e tondo confermando quanto da giorni filtrava dalla sede dell’esecutivo. L’ex presidente della Bce lo aveva appena ribadito al leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del quale quest’ultimo aveva comunque aperto uno spiraglio (“non si può vivere in rosso a vita. In base ai dati ci sono almeno sei regioni italiane in cui si potrebbe riaprire. Conto che si possa fare in aprile”).

Draghi, in ogni modo, trova “normale chiedere le riaperture, sono la miglior forme di sostegno", ma appunto per valutarne la possibilità "inseriremo il parametro delle vaccinazioni per le categorie a rischio". E si guarderà anche all'andamento nelle singole regioni per valutare un allentamento della stretta: "è chiaro che nelle regioni che sono più avanti nelle vaccinazioni ai più fragili e vulnerabili sarà più facile riaprire".

Per quanto riguarda il turismo, il presidente del Consiglio ha di fatto avallato l’auspicio del ministro Garavaglia per la riapertura al 2 giugno (vedi più in basso, ndr): "è la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi". "Garavaglia dice a giugno. Speriamo, magari anche prima, chi lo sa. Non diamo per abbandonata la stagione turistica, tutt'altro", ha aggiunto. Intanto, in vista della stagione turistica estiva, prende piede la proposta di rendere le isole “covid free”, come sta facendo la Grecia. Garavaglia è d’accordo ("possiamo farlo") e con lui i presidenti di Sardegna e Sicilia, Christian Solinas e Nello Musumeci, che chiedono a Draghi di "avere il coraggio" di andare oltre la proposta di vaccinazione delle sole isole minori e puntare a immunizzare con il vaccino l'intera popolazione delle due isole più grandi isole del Mediterraneo e "a spiccata vocazione turistica", che "possono garantire numeri importanti per la ripresa dell'economia nazionale".

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha parlato invece del passaporto vaccinale, una possibilità allo studio del governo, come hanno fatto altri Paesi, per attrarre i turisti. "Lavoriamo – ha detto – a un ‘green pass’ con tre condizioni, il vaccino, avere avuto il Covid e il tampone negativo. Non è discriminatorio e da noi esiste già in Sardegna".

 

Il "balletto" delle date, 20 e 30 aprile
Gli scontri di piazza avvenuti qualche giorno fa a Roma non cambiano sostanzialmente il quadro d’insieme: nonostante il pressing delle forze politiche di centrodestra, che chiedono legittimamente un calendario delle riaperture con date certe sicure e per dare certezze ai settori e agli operatori economici più in crisi, bisognerà attendere comunque il 30 aprile. Ovvero, la data prevista dal decreto con le misure anti Covid attualmente in vigore. Questo perché i dati non consentono ancora allentamenti, come dimostra ad esempio la situazione di Palermo dove il sindaco ho dovuto chiedere alla Regione di instaurare la zona rossa (fino al 14 aprile) dopo aver superato un'incidenza di 275 casi ogni 100mila abitanti.

In ogni caso, se ne è parlato anche al “tavolo” tra Governo e Regioni. "È il momento di riprogrammare le riaperture dei prossimi mesi, solo così il Paese sarà pronto a ripartire dove il virus lo consentirà", ha detto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, appoggiato dal "collega" dell'Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per il quale "se dopo il 20 aprile i numeri saranno migliori perché non aprire qualche attività?". Data ribadita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: "delle riapertura da maggio ci saranno, forse qualcosa anche dal 20 aprile".

Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, comunque, "dal 20 aprile potremmo porci la domanda se anticipare le riaperture o far scivolare tutto ai primi di maggio. Se i numeri miglioreranno, e penso di sì, potremmo fare una scaletta partendo da quelle attività che possono farlo in sicurezza".

 

Garavaglia: “presto date certe per la ripartenza del turismo”
"È fondamentale dare date certe, perché ogni giorno che passa perdiamo potenziali clienti. Penso che nel giro di qualche giorno saremo in grado di dare date certe". Così il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nel corso di un incontro alla Stampa estera, alla domanda "Quando riapriranno gli alberghi?” ha risposto che "l'anno scorso abbiamo aperto a metà maggio, non vedo perché non possa essere così anche quest'anno". Mentre per la ripresa del turismo estero, "non sono in grado di dare una risposta certa sulle date – ha ammesso - però in Francia Macron dice che il 14 luglio apriranno tutto, noi abbiamo il 2 giugno come festa nazionale e speriamo che sia la data giusta".

Parole, queste, apprezzate dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, per il quale "le parole del ministro sono sacrosante. Un albergo non è come un negozio o un bar che da un giorno all'altro riapre, un albergo ha bisogno di programmazione: deve accettare le prenotazioni, fare campagne sui Paesi italiani e stranieri, inserire le date sui portali. Non esiste settore come il nostro che abbia bisogno di programmazione".

 

Confturismo: “il 2 giugno è troppo tardi”
"Dateci una data, ma non il 2 giugno: sarebbe troppo tardi". È la posizione di Confturismo, il cui vicepresidente Marco Michielli spiega che la data giusta, già indicata dal ministro Garavaglia, sarebbe quella del 15 maggio, “la stessa della Grecia, in coincidenza con la Pentecoste, che rappresenta il primo grande afflusso di turisti del Nord Europa nel nostro Paese. Spostare tutto al 2 giugno ci farebbe andare oltre la Pentecoste, che è da sempre il viatico di una buona stagione ovunque". Per questo Confturismo chiede al responsabile del Turismo, “comprendendo le sue difficoltà”, di “dialogare con il collega alla Sanità per poter uscire ufficialmente con la data del 15 maggio: a quel punto la clientela tedesca potrà prenotare e arrivare nelle nostre località, considerato che le ferie non si possono fissare all'ultimo momento”.

 

Al Giornale il presidente di Confcommercio ribadisce la necessità di indennizzi robusti e di moratorie sui prestiti bancari. “Il ritorno delle zone rosse e arancioni è la conferma del `più chiusure’". “Muoversi subito per salvare il turismo”.

Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, chiede al governo un «cambio di passo». Insufficienti le risposte del decreto Sostegni, insostenibili le nuove chiusure che mettono a rischio la sopravvivenza delle imprese. L'occasione per ripartire è lo scostamento di bilancio, che deve essere «robusto» e magari servire a esentare dal pagamento della Tari, la tassa sui rifiuti,le attività in perdita o costrette a chiudere.

Come vede il ritorno alle zone rosse e arancioni?

«È la conferma del "più chiusure" con i suoi ormai insostenibili costi economici e sociali. Dopo il crollo dei consumi nel 2020 di quasi 130 miliardi, ancora tante, troppe imprese del commercio, del turismo, dei servizi ma anche le attività professionali sono a rischio chiusura. Serve un deciso cambio di passo che preveda anche una rapida e graduale riapertura delle attività, in piena sicurezza con i protocolli già esistenti. E quello che ci aspettiamo dal governo Draghi».

Le risposte del decreto Sostegni sono adeguate?

«Un bene aver archiviato il meccanismo dei codici Ateco, ma indennizzi e sostegni sono ancora del tutto insufficienti, sia quelli erogati che quelli ancora attesi. Servono indennizzi adeguati e inclusivi. Ma serve anche prorogare la moratoria sui prestiti bancari e allungare i tempi di rimborso a non meno di 15 anni. Poi, vi è il capitolo delle moratorie fiscali e i costi che le imprese devono sostenere pur essendo rimaste chiuse».

Ultimamente si è parlato della Tari...

«Una tariffa che è aumentata dell'80% negli ultimi dieci anni e che continua a dover essere pagata dalle imprese, anche se sono chiuse. Una vera assurdità. Serve con urgenza un nuovo e robusto scostamento di bilancio e vanno esentate dal pagamento della Tari tutte quelle imprese che, anche nel 2021, saranno costrette a chiusure dell'attività o a riduzioni di orario e quelle che, pur rimanendo in esercizio, registreranno comunque un calo del fatturato».

Cosa altro serve?

«È necessario concentrarsi sul decollo della campagna vaccinale e fare di tutto per consentire riaperture in sicurezza. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, tutta e sino in fondo. Ma sinceramente non riusciamo a comprendere i motivi per i quali, ad esempio, i ristoranti non possono lavorare garantendo le distanze di sicurezza e osservando i protocolli sanitari. O perché i negozi di abbigliamento non sono ricompresi tra le attività essenziali, rischiando così di veder sfumare un'altra stagione decisiva per la tenuta delle attività. Lo stesso dicasi per i mercati che si svolgono, tra l'altro all'aperto. Per questo, proprio in questi giorni, abbiamo lanciato una grande campagna nazionale "Il futuro non (si) chiude": perché alla disperazione degli imprenditori e vanno date risposte adeguate, razionali e tempestive da parte del governo».

Siamo alla vigilia della stagione turistica estiva. Cosa proponete?

«Nel 2020 in Italia sono mancati oltre 77 milioni di turisti. In termini economici, una perdita rispetto al 2019 di circa 100 miliardi di euro. Per salvare questo comparto - che ricordo vale oltre il 13% del Pil italiano - bisogna muoversi subito. Le parole d'ordine sono vaccini, tamponi, programmazione e promozione dell'offerta turistica italiana. Bisogna guardare subito anche al rilancio di tutte le nostre destinazioni, lo strumento è il Pnrr, che però deve dare più spazio al turismo di quello previsto nello schema approvato dal governo precedente. Servono investimenti, anche per ridurre il divario Nord-Sud». In che modo? «Bisogna utilizzare meglio il capitale produttivo e umano ma servono maggiori risorse, anche di derivazione europea, e un piano di riforme per migliorare infrastrutture e accessibilità territoriale. E il Pnrr può essere un'opportunità anche per rilanciare il rapporto stretto tra riforme ed investimenti». A proposito di vacanze, cosa ne pensa del passaporto vaccinale? Non devono esserci né dubbi né incertezze: bisogna adottarlo subito e crederci con convinzione, anche perché sarà varato a breve dall'Europa. Contestualmente auspichiamo che possa essere creata una banca dati degli immunizzati attraverso uno screening degli anticorpi neutralizzanti nei vaccinati e nei guariti».

di Antonio Signorini

dal Giornale del 6 aprile 2021