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Il Presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci emana una nuova ordinanza a pochi giorni dalle feste pasquali. Oltre all'istituzione di nuove zone rosse per i comuni di Borgetto, Ciminna, Lampedusa e Linosa, Mezzojuso, Partinico e Priolo Gargallo, in tutte le altre zone della Sicilia che diventeranno zona rossa dal 3 al 5 aprile incluso " sono sospese le attività dei servizi di ristorazione......resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio e il servizio di asporto fino alle ore 22 con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze. Per le attività con codice ATECO 56.3 l'asporto è consentito esclusivamente fino alle ore 18" (art. 2 dell'ordinanza).

Per leggere il testo completo dell'ordinanza clicca sul seguente link:

  pdf - Presidente della Regione Sicilia - Ordinanza contingibile e urgente n. 29 del 31 marzo 2021 (380 KB)

PALERMO

Più fondi "green" per il Mezzogiorno "Recovery", fondi "green" al Sud Transizione ecologica. Legambiente propone progetti "faro", Carfagna illustra le azioni inserite Roma restituisce le risorse Fsc anticipate dalle Regioni per il Covid, sbloccata mobilità in deroga per aree di crisi Roma restituisce una parte dei fondi Fsc che le Regioni hanno anticipato nel 2020 per fare fronte all'emergenza pandemica. La ministra per la Coesione territoriale, Mara Carfagna, ha inviato al Cipe la proposta di ripartizione che assegna premialità alle Regioni che hanno meglio speso le risorse del Fsc 2014-2020. In tutto saranno restituiti 4 miliardi, di cui 3 al Sud e 1 al Nord. Da parte sua, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha firmato, di concerto con il ministro dell'Economia, Daniele Franco, il decreto di riparto delle risorse delle Regioni per integrazione salariale straordinaria e mobilità in deroga peri lavoratori e le imprese delle aree di crisi complessa. Alla Sicilia vanno 3.531.735 euro. E l'assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone, ha sbloccato la mobilità in deroga per 55 lavoratori dell'area di crisi industriale di Termini Imerese. E in attesa che il governo ridefinisca il "Recovery Plan" sulla base delle segnalazioni del Parlamento, Legambiente ha indicato dieci priorità da finanziare: fra queste, una mobilità ad emissioni zero nei capoluoghi di provincia della Pianura Padana e del Centro-Sud; la bonifica delle aree petrolifere di Basilicata e Sicilia; la realizzazione di parchi eolici offshore in Sardegna, nel Canale Sicilia e in Adriatico, la delocalizzazione delle strutture dalle aree ad elevato rischio idrogeologico come nelle province di Crotone e Vibo Valentia in Calabria, di Messina in Sicilia e in Campania; la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, con produzione di biometano e compost di qualità, per le aree metropolitane del Centro Sud come Catania, Palermo e Messina; la realizzazione di infrastrutture ferroviarie per la Calabria e la Sicilia che, al posto del Ponte sullo Stretto, necessitano di una rete di trasporto regionale per superare isolamento e disservizi. A Legambiente la ministra Carfagna ha risposto che «nell'ambito della Missione 2 sulla Rivoluzione Verde, andranno al Sud il 48% dei fondi per l'agricoltura sostenibile; il 60% di quelli per i progetti di sperimentazione sull'idrogeno; il 50% di quelli per il trasporto urbano sostenibile, il 34% dei fondi per l'efficientamento degli edifici pubblici e il 47% del capitolo tutela del territorio». Altri 300 milioni, ricompresi nella Missione 5, andranno a progetti per la viabilità nelle aree interne del Sud, con un piano di efficientamento anche energetico altamente innovativo. Quanto alle risorse aggiuntive del React-EU, finanziano «un grande piano di recupero delle risorse idriche del Sud attraverso interventi mirati sulle reti, con 300 milioni degli 800 previsti dal fondo per la transizione ecologica del Sud». Altri 40 milioni saranno destinati «agli interventi sul verde nelle scuole, ai giardini, agli orti didattici, a cui si associano specifici finanziamenti per gli Istituti agrari meridionali». 

Articolo di: MICHELE GUCCIONE


Per ottenere il contributo occorre compilare la domanda sul sito dell'Agenzia delle Entrate. Confcommercio: "i ristori siano più adeguati, più inclusivi, più tempestivi". Sangalli: "il decreto ha ancora forti limiti
Dalla tarda mattinata di oggi e fino al 28 maggio sarà possibile chiedere il contributo a fondo perduto che il decreto Sostegni ha previsto per chi è titolare di una partita Iva ed esercita un'attività di impresa, un'attività artistica, professionale o ha un reddito agrario o assimilato (ad esempio un agriturismo). Anche stavolta la domanda on line va presentata attraverso il portale dell'Agenzia delle Entrate alla sezione "Fatture e corrispettivi". I moduli e le istruzioni - insieme ad una guida - sono sul sito. In alternativa, ci si può rivolgere a un intermediario.

Due i requisiti fondamentali per ottenere agli aiuti:

1) aver conseguito nel 2019 ricavi o compensi non superiori a 10 milioni di euro;

2) aver registrato nel 2020 un calo mensile medio del fatturato e dei corrispettivi rispetto al 2019 di almeno il 30%.

Un provvedimento dell'Agenzia ha chiarito che per quanti hanno attivato la partita Iva dal primo gennaio 2019 "il contributo a fondo perduto spetta a prescindere dalla circostanza che essi abbiano registrato un calo del 30 per cento della media mensile del fatturato del 2020 rispetto alla corrispondente media del 2019", sempre che ovviamente il loro fatturato sia stato inferiore a 10 milioni di euro. Se un soggetto svolge più attività, il limite dei 10 milioni di euro riguarda la somma dei ricavi o compensi riferiti a tutte le attività esercitate.

Come si calcola il contributo

L'ammontare è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi 2020 e l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi 2019 secondo questo schema:

60% se i ricavi e i compensi dell'anno 2019 non superano la soglia di 100mila euro;
50% se i ricavi e i compensi dell'anno 2019 superano la soglia di 100mila euro fino a 400mila;
40% se i ricavi e i compensi dell'anno 2019 superano la soglia di 400mila euro fino a 1 milione;
30% se i ricavi e i compensi dell'anno 2019 superano la soglia di 1milione di euro fino a 5 milioni;
20% se i ricavi e i compensi dell'anno 2019 superano la soglia di 5 milioni di euro fino a 10 milioni.
È comunque garantito un contributo minimo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche. L'importo del contributo riconosciuto non può in ogni caso superare 150.000 euro. La somma arriverà direttamente sul conto corrente indicato nella richiesta o, a scelta irrevocabile del contribuente, lo si potrà utilizzare come credito d'imposta in compensazione.

Aiuti alle imprese, quando e quanto
I nuovi ristori prevedono l’addio ai codici Ateco. Sono disponibili 11 miliardi di euro a favore di circa tre milioni di partite Iva, tra imprese e professionisti. Per il turismo le risorse ammontano a 1,7 miliardi ( 700 milioni per la montagna, 900 per i lavoratori stagionali gli autonomi del turismo e i termali, 100 per le fiere). Al settore va inoltre una parte del maxi fondo da 200 milioni per le imprese del wedding e della ristorazione nei centri storici, oltre a una parte dei 10 miliardi del fondo perduto. Quanto ai tempi, Draghi ha specificato: "i pagamenti inizieranno l'8 aprile per chi avrà fatto domanda. Se tutto va come previsto, 11 miliardi entreranno nell'economia nel mese di aprile".

I capitoli del decreto
Il decreto Sostegni approvato dal Consiglio dei ministri il 19 marzo scorso distribuisce i 32 miliardi di extradeficit autorizzati dal Parlamento in cinque macro-capitoli (vedi il dettaglio nella scheda allegata, ndr):

aiuti alle attività produttive
sanità e vaccini
enti locali
finanziamenti a scuola, cultura e filiere
pacchetto lavoro.
Si tratta di fatto della prima manovra economica del governo Draghi, alla quale ne seguirà un'altra a stretto giro di posta grazie a un nuovo scostamento di bilancio che il Parlamento dovrà approvare. "Questo intervento è un primo passo, ce ne sarà un secondo assolutamente necessario", ha infatti assicurato il premier spiegando che l'entità del deficit aggiuntivo sarà definita in base all'evoluzione della pandemia.

Fisco, stralciate le cartelle fino a 5mila euro
L’approvazione è stata ritardata di qualche ora a causa dei contrasti fra i partiti della maggioranza sulla questione dello stralcio delle vecchie cartelle esattoriali: alla fine la mediazione trovata concerne le cartelle affidate dal 2000 al 31 dicembre 2010, fino a 5mila euro e con un tetto di reddito a 30mila euro. Sul fronte fiscale restano sospesi fino al 30 aprile i versamenti delle cartelle in pagamento e gli avvisi esecutivi ed è stato prorogato di 12 mesi il termine per le notifiche e di 24 mesi quello della prescrizione. Ci sarà più tempo anche per saldare le rate della Rottamazione ter e del saldo e stralcio. Inoltre l'Agenzia delle entrate metterà a disposizione dei cittadini la dichiarazione precompilata il 10 maggio, anziché il 30 aprile, con lo slittamento dei termini delle certificazioni uniche a fine marzo. Arriva anche la sanatoria per le partite Iva che hanno subito una perdita del 30% del fatturato 2020 rispetto al 2019.

Lavoro, per le pmi blocco dei licenziamenti fino al 31 ottobre
Sul fronte lavoro proseguirà fino al 30 giugno il blocco dei licenziamenti per le imprese che dispongono della cassa integrazione ordinaria, mentre per le piccole imprese senza strumenti ordinari il blocco sarà fino al 31 ottobre. Doppio binario anche per la proroga della cassa integrazione: per le aziende che hanno la cig ordinaria sarà estesa di 13 settimane, utilizzabili entro la fine di giugno. Per le piccole e medie imprese, le imprese artigiane e quelle sprovviste di Cigo le settimane di cassa integrazione in deroga Covid gratuita potranno essere utilizzare tra il primo aprile e il 31 dicembre 2021. È stato rifinanziato per 1 miliardo, inoltre, il reddito di cittadinanza mentre sarà rinnovato per tre mensilità (marzo, aprile e maggio) il reddito d'emergenza per le famiglie in difficoltà (per quelle in affitto si alza la soglia di reddito).

 

Confcommercio: "i ristori siano più adeguati, più inclusivi, più tempestivi"


Bisogna “rafforzare decisamente” le risorse destinate ai ristori per imprese e partite Iva, anche al di là di quanto previsto dal decreto. Questa, in sostanza, la posizione di Confcommercio, che sottolinea che gli 11 miliardi previsti vanno divisi tra circa tre milioni di soggetti e che "le imprese si trovano a fronteggiare l’impatto di una picchiata della spesa per consumi, nel 2020, prossima ai 130 miliardi di euro”. I ristori, insomma, devono essere “più adeguati in termini di risorse, più inclusivi in termini di parametri d’accesso, più tempestivi in termini di meccanismi operativi”.

La posizione della Confederazione è esattamente la stessa per le misure circa turismo, montagna e cultura, mentre le misure per i trasporti “non dovrebbero riguardare il solo trasporto pubblico locale, fornendo invece un sostegno efficace all’intero sistema dell’accessibilità”. Continuano a essere poi “urgentissimi gli interventi in materia di moratorie creditizie e di sostegno della liquidità delle imprese”.

Per il capitolo lavoro, Piazza Belli apprezza le proroghe della Cassa Covid (“ferma restando la necessità di assicurare la copertura anche per tutti i periodi antecedenti al primo aprile”) e delle deroghe per i contratti a termine sino a fine anno, nonché il finanziamento ulteriore del fondo per il parziale esonero contributivo di lavoratori autonomi e professionisti istituito nella legge di Bilancio.

Infine, parlando delle misure fiscali Confcommercio sottolinea di essere “in attesa della riforma della riscossione”.

Fonte: Confcommercio Imprese per l'Italia


Lettera-appello della Fedreazione al presidente del Consiglio: "va consentito al settore di contribuire ad una vita più sana del Paese, coniugare sicurezza e salute è possibile".

Servono un cambio di passo e una prospettiva certa e ravvicinata di riapertura. Fipe torna a ribadirlo, stavolta rivolgendosi direttamente al premier, Mario Draghi, con una lettera-appello in cui viene “scolpito” che "va consentito al settore di contribuire ad una vita più sana del Paese".

D’altronde le imprese della ristorazione e dell'intrattenimento, quelle rimaste, sono reduci da 160 giorni di chiusure forzate, che peraltro hanno causato danni gravissimi all'occupazione, e si apprestano a subire i danni di un’ennesima festività senza ristoranti. Secondo le stime dell'Ufficio Studi di Fipe, la zona rossa a Pasqua provocherà infatti un danno da 350 milioni di euro, mentre lo stop di Pasquetta causerà un ulteriore danno da 230 milioni.

Per questo Fipe sottolinea che ristori, indennizzi, moratorie, sostegno alla liquidità, ammortizzatori sociali, insieme a sgravi fiscali adeguati e urgenti, sono necessari per l'economia del Paese. Ma non bastano per ripartire: per questo bisogna permettere alle imprese di restate aperte, almeno a quelle che possono garantire maggiore sicurezza e il necessario distanziamento grazie alla disponibilità di spazi. Perché – scrive la Federazione - non consentire, anche con protocolli di sicurezza rafforzati, il servizio serale nelle regioni in area gialla e il servizio fino alle 18 nelle regioni in area arancione?

 


Intervista al Corriere della Sera del presidente di Confcommercio. "Da Draghi ci aspettiamo un intervento coraggioso per le imprese". "A rischio la chiusura di circa 300 mila imprese del terziario e 200 mila partite Iva”.



Il 24 marzo è partita la campagna nazionale di Confcommercio, “Il futuro non (si) chiude”per far sentire la voce delle imprese che vogliono ripartire e allo stesso tempo per sottolineare la necessità di sostegni più robusti per fare fronte alle enormi difficoltà economiche che le chiusure, da un anno a questa parte, hanno determinato. Il presidente Sangalli, dalle pagine del Corriere della Sera, chiede al presidente del Consiglio Draghi un intervento “coraggioso” e indennizzi più adeguati e tempestivi per le aziende.

“Dal presidente Draghi ci aspettiamo una svolta che non c'è ancora. Ci aspettiamo quel coraggio responsabile con cui nel 2012 salvò l'Unione monetaria europea, dichiarando il famoso "whatever it takes" (fare tutto ciò che è necessario, ndr). Ma questa volta deve farlo per salvare le nostre imprese. Che poi vuol dire salvare l'Italia”.

Può darci un'idea della situazione?

“Per trovare un anno peggiore del 2020 bisogna risalire più o meno al 1944. L'anno scorso sono andati persi quasi 130 miliardi di consumi, circa duemila euro a testa. Tra gennaio e febbraio di quest'anno c'è già stato un crollo di 20 milioni di presenze in Italia. Il lockdown di marzo e aprile rischia di causare una perdita di oltre 15 miliardi di euro, oltre la metà per alberghi e ristoranti. Questi ultimi, tra marzo e le giornate di Pasqua, non incasseranno circa 2,8 miliardi”.

Una débâcle

“Quando incontro I nostri imprenditori e ascolto numeri e bilanci disastrosi, ma sembra che la distanza tra noi e la lentezza e poca efficacia delle azioni fin qui Intraprese si faccia siderale”.

Di quali azioni parliamo?

“Tutti mi dicono la stessa cosa: le chiusure soma indennizzi adeguati non le reggiamo più. Ecco perché I nostri imprenditori, tutti gli imprenditori, si aspettano non solo un più robusto sostegno in tempo zero, ma anche la prospettiva di un ritorno alla normalità perché altrimenti non ce la si fa. Il sistema imprenditoriale non regge più”.

Cosa non va nel decreto Sostegni?

“E stato archiviato il meccanismo dei codici Ateco e sono stati stanziati per questi interventi circa un miliardo di euro, sui 32 mobilitati dal decreto. Ma i soggetti interessati alla fine sono circa tre milioni. In questo modo l'indennizzo medio è di circa 3.700 euro”.

Non bastano.

“Non ci siamo. Il rischio è la chiusura di circa 300 mila imprese del terziario e circa 200 mila partite Iva”.

Chiedete un nuovo scostamento di bilancio?

“Per forza: servono indennizzi più adeguati, più inclusivi e più tempestivi. E poi c'è un problema legato ai costi per le imprese rimaste chiuse: dalle locazioni ai finanziamenti. Chiediamo che possano essere sospesi, almeno fino a quando le imprese non potranno ripartire in piena normalità”.

Il credito dà problemi?

“Insieme con l'Abi e le altre associazioni abbiamo chiesto alle istituzioni europee e italiane la proroga delle moratorie in essere e l'introduzione di nuove, nonché una durata dei prestiti con garanzia pub buca di non meno di quindici anni. E senza che tutto ciò comporti classificazioni critiche o addirittura un default dei debitori”.

Bisognerebbe intervenire sulle regole europee.

“Pensiamo che il governo italiano possa e debba assumere un'iniziativa determinata al riguardo".

Il presidente Draghi ha promesso una stagione di dialogo.

“Sì e, in occasione delle sue dichiarazioni programmatiche alle Camere, ha posto la sfida di una "nuova ricostruzione". Il che richiede, dal punto di vista del metodo, maggiore confronto tra governo e forze sociali".

Cos'altro avete in agenda, oltre agli indennizzi?

“Proponiamo di superare il modello "più chiusure", puntando su "più vaccini". Per il decollo della campagna vaccinale, le nostre associazioni e le nostre imprese sono pronte a fare la propria parte. E poi c'è il Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Che intanto sta cambiando.

“Rispetto alla bozza del 12 gennaio, abbiamo segnalato la necessità di approfondire il rapporto tra investimenti e ruolo delle riforme, nonché l'esigenza di investire sull'economia del terziario. Siamo ancora in attesa di risposte. Lo ricorderemo anche con la campagna social "II futuro non (si) chiude", appena partita, che coinvolge tutti i territori, per raccontare la disperazione degli imprenditori ma anche la loro determinazione a non arrendersi”.

Tratto dal Corriere della Sera

di Antonella Baccaro

 

 

PIAZZA ARMERINA.

Non si sopisce il malcontento dei commercianti per le scelte progettuali dell'amministrazione del sindaco Nino Cammarata in merito al rifacimento di piazza Garibaldi: adesso un documento unitario è stato redatto e firmato da tutte le single sindacali per chiedere alla conferenza dei capigruppo consiliari una audizione in consiglio comunale. In particolare Confcommercio, Cna, Confesercenti, Fiva Confcommercio e Anva Confesercenti, chiedono di essere convocati al presidente del consiglio comunale Marco Incalcaterra, al presidente della quarta commissione consiliare Concetto Arancio, ai capigruppo consiliari, e per conoscenza al sindaco Nino Cammarata «Abbiamo siglato un accordo sulle azioni da intraprendere a tutela delle imprese esistenti nel centro storico e coinvolte dagli effetti della preannunciata trasformazione della piazza Garibaldi» espongono i sindacati, un documento che esprime un chiaro segnale di compattezza tra loro sulle linee da intraprendere a tutela dei loro associati, e ancora nella richiesta protocollata spiegano: «Senza sentire l'esigenza di confrontarsi con il tessuto economico e con la società civile della città, la giunta comunale ha approvato un progetto di riqualificazione della piazza Garibaldi che ne stravolge la conformazione e che potrebbe avere effetti devastanti per la futura fruizione dell'intero centro storico. Ci saremmo aspettati che un atto di tale rilevanza venisse condiviso dal sindaco con le associazioni di categoria che, ai sensi della Costituzione e del loro statuto, rappresentano il tessuto economico e gli interessi delle attività imprenditoriali del territorio. Sarebbe stato un gesto di disponibilità al dialogo e al confronto, un esempio di condivisione per un progetto che è destinato a cambiare il volto della città; ma purtroppo siamo costretti a registrare l'ennesimo atto di arroganza dell'amministrazione Cammarata». Ad ogni modo i sindacati confidano ancora nella possibilità di una mediazione: «Prima di proclamare lo stato di agitazione permanente avverso l'improvvida decisione dell'amministrazione comunale, desideriamo percorrere la strada del dialogo per scongiurare la realizzazione di un progetto miope e gravido di carenze». Una decisione quella delle scelte su piazza Garibaldi che non ha coinvolto il consiglio comunale, secondo le organizzazioni illegittimamente: «La delibera di giunta rappresenta una chiara violazione delle competenze del consiglio comunale, organo preposto alla programmazione urbanistica. Per tutto ciò - concludono - chiediamo di essere ascoltati con urgenza, per poter descrivere i gravi disagi che potrebbero derivare dalla realizzazione del progetto approvato».

Fonte: Giornale di Sicilia - Marta Furnari

Il Futuro non (si) chiude, oltre ad essere un grido d'allarme per la situazione drammatica che le imprese stanno vivendo in questo delicato momento storico, diventa il claim di un'importante iniziativa di Confcommercio. Una grande campagna social nazionale caratterizzata da un forte impatto visivo ed emotivo, che coinvolge l'intero Sistema attraverso le Associazioni territoriali e le Federazioni.

Obiettivo dell'iniziativa è quello di raccontare la crisi, il sentiment ma anche la voglia di ripartire degli imprenditori, nonché la disperazione, ormai generalizzata, che investe l'intero settore del terziario di mercato. Ma soprattutto, sostenere la necessità e l’urgenza - condivise da tutte le imprese associate - di consentire, nel rispetto delle regole e dei protocolli di sicurezza, la riapertura delle attività per scongiurare le drammatiche chiusure di imprese e la perdita di posti di lavoro.

Nello slogan Il Futuro non (si) chiude ogni parola assume una valenza significativa. Il Futuro è un termine che torna spesso nelle domande di una società rimodellata su nuove esigenze e dinamiche socio-economiche e che coinvolge dal singolo alla collettività, dal commercio all'urbanistica postpandemica, ripensando in chiave funzionale i collegamenti con le comunità locali. Aspetto, quest'ultimo, fondamentale per impedire la desertificazione commerciale e consolidare la realtà delle economie urbane.

Il (si) individua il peso della responsabilità nella gestione dell'emergenza Covid-19 che poteva essere gestita sicuramente con meno incertezza e più programmazione, senza ricorrere necessariamente sempre al più chiusure come se fosse l’unica via percorribile. Ad accompagnare visivamente lo slogan Il Futuro non (si) chiude saranno gli scatti fotografici d'autore di Valerio Bispuri, dal forte impatto emotivo che mostrano, nel modo più realistico possibile, gli effetti della pandemia nel mondo del terziario, offrendo una veritiera e autentica "fotografia della realtà".


L'importanza del terziario

Il terziario è un settore strategico per numeri, imprese e lavoratori coinvolti. E le sue imprese costituiscono anche la centralità quotidiana di tutti noi, perché, più di tutti, impattano sulla vita delle persone, nei tempi e nei luoghi delle nostre città. Un modello di pluralismo imprenditoriale e distributivo, che tiene insieme tradizione e innovazione, imprese familiari e società di capitali, persone e territori. Attività che esprimono quell’economia della “socialità”, che è il tratto distintivo del Made in Italy, e che assicurano vivibilità e qualità della vita nelle nostre città e nei centri storici.

Riportare alla normalità e mantenere vitale questo mondo di imprese (a cominciare dal turismo, dalla ristorazione, dal commercio al dettaglio, dalla cultura e dal tempo libero) significa investire su quella parte dell’economia reale che può realmente avere un effetto moltiplicatore sull’economia e un effetto equilibratore sulla società. Significa dare una prospettiva diversa e migliore al Paese.

Dunque, partire dal terziario per far ripartire il Paese. Non è uno slogan, ma il semplice riconoscimento del ruolo essenziale che questo settore riveste nella vita economica e sociale del Paese. Commercio, turismo e cultura, servizi, trasporti e logistica, lavoro autonomo e professioni: un sistema di imprese che nel tempo hanno cambiato il volto della nostra economia, sempre più terziarizzata.

Nell’ultimo decennio, infatti, la quota di valore aggiunto prodotta dai servizi di mercato dei settori di rappresentanza di Confcommercio è aumentata dal 37% a quasi il 40%. Nello stesso periodo, l’industria ha ridotto la sua incidenza passando dal 29% a poco meno del 24%. Ancora più significativo è il contributo del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e delle professioni alla creazione di posti di lavoro con una quota di occupati passata dal 37,4% al 47%, Anche in questo ambito, il contributo del manifatturiero si è ridimensionato nel tempo passando dal 27,1% al 21,7%.

Numeri importanti che rispecchiano il peso della rappresentanza di Confcommercio e il suo ruolo sindacale: la Confederazione firma, infatti i contratti nazionali del terziario, distribuzione e servizi, del turismo, dei trasporti e della logistica e altri importanti accordi collettivi di categoria che si applicano, complessivamente, a circa 5 milioni di lavoratori. Contratti moderni e innovativi che valorizzano il ruolo del terziario di mercato.


2020, l’anno del Covid-19

Il Covid è stato e continua ad essere uno "tsunami" per tutti, un’emergenza sanitaria che è diventata economica e sociale colpendo in maniera drammatica soprattutto le imprese del terziario di mercato: intere filiere, in particolare quella del turismo (dai pubblici esercizi agli alberghi, dai tour operator ai trasporti, dalle discoteche agli stabilimenti balneari, dallo shopping alla cultura fino al tempo libero) ma anche molti comparti del commercio al dettaglio, soprattutto abbigliamento e calzature, hanno registrato, infatti, crolli verticali di fatturato e moltissime imprese di questi settori hanno chiuso definitivamente l’attività. Una situazione che, soprattutto durante il primo lockdown, è stata resa ancor più drammatica per la “pressione” della criminalità che si è fatta sentire su una consistente parte delle micro e piccole imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Circa il 10% degli imprenditori, infatti, durante quel periodo, è risultato esposto all’usura o a tentativi di appropriazione "anomala" dell’azienda.


Gli effetti sui settori economici

Per il 2020, l’Ufficio Studi di Confcommercio stima una riduzione di oltre 300mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi (saldo tra aperture e chiusure), di cui circa 240mila esclusivamente a causa della pandemia, a cui si deve aggiungere anche la perdita di circa 200mila attività professionali sparite dal mercato. Complessivamente, nel 2020 sono andati persi 160 miliardi di euro di Pil, quasi 130 miliardi di consumi (-11,8% rispetto al 2019) e il 10% di ore lavorate.

Solo nel comparto della ristorazione le perdite di fatturato nel 2020 hanno raggiunto i 38 miliardi, con la chiusura di circa 23mila imprese; il turismo ha registrato una perdita di valore della produzione di 100 miliardi, solo il comparto ricettivo ha perso oltre 13 miliardi di fatturato; nel commercio al dettaglio, il settore abbigliamento e calzature ha perso 20 miliardi di consumi con la chiusura definitiva di 20mila negozi; nel commercio su aree pubbliche si registrano cali fino a circa 10 miliardi e 30mila imprese a rischio chiusura; nel settore degli spettacoli le perdite hanno superato 1 miliardo, in termini di mancati incassi, tra cinema e spettacoli dal vivo (musica, teatro, lirica, danza); nel settore del gioco pubblico da inizio pandemia si sono persi circa 5 miliardi di euro di gettito per lo Stato e circa 4 miliardi di ricavi per il comparto nel quale sono a rischio 70mila imprese.


Le richieste di Confcommercio

Le priorità per uscire il prima possibile dal tunnel del Covid-19 e salvare le imprese che rischiano di chiudere sono due:

  • contrasto alla pandemia;
  • difesa del tessuto produttivo per farlo giungere “vivo” e reattivo fino al momento della ripartenza.

Sul primo punto bisogna accelerare il più possibile i tempi della campagna di vaccinazione evitando, però, l’adozione di strategie di contrasto dell’epidemia incentrate su lockdown e limitazioni di circolazione che sono economicamente e socialmente insostenibili. Quello che serve è una strategia articolata che consenta un salto di qualità per far convivere salute e lavoro e mettere, quindi, il sistema in condizione di ripartire subito e in sicurezza. Come, peraltro, stanno dimostrando le attività rimaste aperte osservando tutte le regole e i protocolli di sicurezza. Per Confcommercio è fondamentale poter riaprire e lavorare rispettando, naturalmente, tutte le regole e i protocolli di sicurezza a tutela della salute di tutti, imprenditori, collaboratori e consumatori.

La seconda priorità riguarda essenzialmente il nodo dei ristori e indennizzi e degli ammortizzatori sociali. Come già evidenziato, i settori economici rappresentati da Confcommercio sono quelli maggiormente colpiti dagli effetti della pandemia e dei conseguenti provvedimenti adottati.

Per questo, servono ristori più adeguati in termini di risorse, più inclusivi in termini di parametri d’accesso, più tempestivi in termini di meccanismi operativi. Una misura che dovrà essere accompagnata anche da interventi per ridurre o azzerare la pressione di imposte e tributi locali nei confronti delle imprese rimaste chiuse o fortemente penalizzate per i vari lockdown.

Sul versante degli ammortizzatori sociali occorre una riforma strutturale di questo strumento e una ampia proroga della Cassa Covid-19.


Le risorse per ripartire

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, attraverso l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, è l’occasione per una possibile ripartenza. Bisogna, però, arrivare al più presto ad un progetto compiuto e condiviso. E due, secondo Confcommercio, sono i punti chiave per una rapida programmazione e attuazione degli investimenti: una strategia per le riforme e la messa a punto di un meccanismo di governance, cruciale anche per il recupero dei divari territoriali, che consenta un’effettiva svolta nella capacità di programmazione e realizzazione degli investimenti pubblici. In particolare è necessario investire con determinazione, in termini di politiche, progetti e risorse, proprio sull’economia del terziario di mercato, perché rafforzarne la resilienza significa rafforzare la resilienza del sistema Paese.

 In un anno di pandemia c'è chi ha perso tutto. E per andare avanti ha dovuto chiedere aiuto o sfruttare i risparmi fino all'ultimo centesimo. Nell'esercito dei nuovi poveri ci sono i commercianti, che oggi si ritroveranno davanti a Palazzo dei Normanni per protestare indossando una maschera di gomma. «Il ceto medio si è indebitato per sopravvivere - dice la presidente di Confcommercio Palermo, Patrizia Di Dio - è a rischio la tenuta sociale. La Regione intervenga con risorse a fondo perduto a favore delle attività produttive».

 In piazza la rabbia dei commercianti con l'acqua alla gola di Claudia Brunetto eGiorgio Ruta In un anno di pandemia c'è chi ha perso tutto. E che per andare avanti ha dovuto chiedere aiuto, cambiare vita e sfruttare i risparmi fino all'ultimo centesimo. Nell'esercito di chi in questi dodici mesi è diventato più povero o ha conosciuto la povertà perla prima volta ci sono di certo i commercianti. Oggi alle 13,30 per la prima volta gli imprenditori aderenti a Confcommercio si ritroveranno davanti a Palazzo dei Normanni per protestare. Indosseranno una maschera di gomma per provocazione: il «nazi-Covid» ha portato nelle loro vite «pene atroci e inique», dicono dall'organizzazione di categoria. Il settore del commercio vuole farsi sentire. A più ondate, in questo anno di Covid, l'hanno fatto i ristoratori, gli operatori del settore turistico e dello spettacolo. A chiedere aiuto, nei giorni scorsi, sono stati anche i venditori ambulanti dei mercatini rionali. L'ordinanza del sindaco Leoluca Orlando, che ha sospeso gli appuntamenti settimanali con le bancarelle nella Setti Oggi alle 13,30 il raduno davanti a Palazzo dei Normanni Tutti metteranno una maschera di gomma contro il "nazi-Covid" ma circoscrizione per due settimane, a causa dell'impennata dei contagi, li ha messi in ginocchio. «Chiediamo aiuto, non c'è più lavoro, siamo disperati», dicono i commercianti di Confimprese Palermo. E nel lungo elenco di chi fa fatica ad andare avanti ci sono anche i proprietari delle palestre. «Sulla base dell'ultimo decreto i titolari degli impianti sportivi non hanno diritto a nessun ristoro. E in Sicilia, dove la maggior parte delle aziende sono medio-piccole, questo rappresenta un dramma. Vanno avanti fino a quando hanno capitali da parte», racconta Fabio Gioia che ha la delega allo sport in Confcommercio. Con gli imprenditori, a rischiare di affondare sono anche i dipendenti. «L'uragano deve ancora abbattersi. Ci sono tanti dipendenti che al momento sono in un limbo, tra la cassa integrazione e il divieto di licenziare, ma quando questi argini verranno meno e sarà un disastro», dice Mimma Calabro della Fisascat Cisl Palermo-Trapani.

Fonte: La Repubblica Palermo